• GIOVEDì 21 NOVEMBRE 2024
Festival

C2C: Call it Avant Pop?

Siamo stati all'edizione 2023 di Club 2 Club per comprendere se siamo davvero nell'era dell'Avant-Pop

Foto: Kimberley Ross, Fabiana Amato, Ilaria Leie

Spegnere 21 candeline è un risultato importante, soprattutto per un festival nato nei club e, nel corso degli anni, approdato in spazi molto più ampi e variegati. Quando trascorre un lungo lasso di tempo dalla nascita di un concetto artistico, come in questo caso può essere considerato un festival, si tende a dimenticarne le origini e tutti quelli elementi che hanno condotto alle più recenti evoluzioni e cambiamenti. Club To Club nasce nei club che incorpora(va) fieramente nel nome ed inizialmente conduce questo festival attraverso i meandri delle realtà urbane, dove pionieri come Jeff Mills non si risparmiano in set frenetici a tre piatti. Passano gli anni, i club si impoveriscono nel loro ruolo cardine della scena, C2C si muove dalla sua collocazione originaria ed approda in spazi più ampi, sino al Lingotto di Torino. Il festival torinese anticipa quelli che sembrano essere i flussi della club culture ed inizia a ibridare la propria proposta artistica come osano alcune importanti realtà estere. Oggi il flusso di esperienze, visioni e derivazioni converge in una definizione comune, quella di Avant-Pop.

 

El Mundo“, Il Mondo. Un concetto importante quello che fa da capello a questa edizione, richiamando a sé un insieme di suoni e fascinazioni non necessariamente provenienti da tutto il mondo, ma sicuramente cosmopolite nell’accezione, figlie di quelle metropoli dove i generi si sono mescolati nel corso delle ultime decadi generando nuove prospettive. L’attesa spasmodica quest’anno sembra essere riservata verso Caroline Polacheck, nome acclamato dalla critica e spinto dal forte vento dell’hype. Il pubblico la accoglie con grande calore e lei si concede ad una performance ricca di impegno e di emotività. Il suo sforzo nel cercare sfumature inedite che riconducano ad un pop più alto, o quantomeno diverso, è lodevole ma si percepisce come questa esigenza serva anche e soprattutto a preservare un personaggio, un’estetica, una confezione, forse a sfavore del contenuto. Discorso diverso per Yves Tumor che nel suo piglio glam ammette candidamente cos’è, cosa gli piace e non sembra minimamente interessato ai consensi, ponendosi come individuo schivo tranne quando è sul palco.

 

La stessa genuinità è quella di King Krule, attesissimo anche lui, che riversa sul pubblico il suo punk rock disilluso e nichilista. Il suo è uno show privo di orpelli e accessori, dritto, ma sulla lunga durata adatto a chi apprezza particolarmente il genere non proponendo eccessive variazioni sul tema. Le variazioni invece non mancano nel ritorno di Flying Lotus a C2C dopo il suo fortunato esordio nel 2012. Il producer losangelino si introduce microfono alla mano promettendo un viaggio nell’universo, attraverso la vita e la morte, lungo gli undici anni di assenza da Torino.

Quello che segue è un bignami di ‘Yasuke’, ‘Flamagra’ e ‘You’re Dead!’, tappe successive della carriera di FlyLo rispetto alla sua prima apparizione a C2C. Da qui Steven Ellison sembra pronto al momento dei vecchi successi che lo hanno proiettato alla ribalta ed invece ci sorprende con un viaggio in quattro quarti, probabilmente figlio dei progetti house a cui l’artista ha dichiarato di essersi dedicato intorno al 2021. Ci sono beat inediti, c’è spazio per Lone, Wayne Snow, Laurence Guy e molti altri ancora in una selezione che non lascia la presa sul pubblico nemmeno per un istante.

 

Anche Sangre Nueva, trio composto da Dj Python, Florentino e Kelman Duran, non sembra intenzionato a lasciare respiro al pubblico. Sebbene il loro palco soffra una collocazione di difficile gestione acustica, il loro set è variegato, fresco e la miscela di deep reggaeton sembra essere l’ottimo collante verso divagazioni sonore solide e interessanti. Moodymann, croce e delizia di ogni consolle, sembra avere delle difficoltà tecniche che in qualche modo limitano il suo set ad una selecta avvincente in alcuni tratti, in altri sospinta dal carisma al microfono, con qualche scelta opinabile come il finale dedicato ai Red Hot Chili Peppers.

A conti fatti C2C è un buon metro di misura dello stato della salute di un certo tipo di scena, o meglio di tutte quelle scene e nicchie che stanno confluendo in questi contenitori internazionali. C’è spazio per la forma, ma anche per la sostanza, c’è spazio per l’hype ma anche per il talento. Non spesso questi ingredienti coincidono, ma forse ciò non è rappresentativo dell’attuale condizione del music business? A margine dunque una doverosa riflessione: C2C ha cementato la propria rilevanza, ora dovrà definire la propria personalità a livello internazionale, per non correre il rischio di essere “solo” uno tra tutti quei grandi contenitori.

 

Articolo PrecedenteArticolo Successivo