• LUNEDì 25 NOVEMBRE 2024
Interviste

la Hit Parade di Róisín Murphy presto dal vivo (anche in Italia)

Il nuovo album e il nuovo tour di un'icona della musica, dentro e fuori dai club

Foto: Nik Pate

Talvolta è difficile trovare le parole giuste per iniziare un articolo. È come essere al cospetto di un quadro molto famoso, di un oggetto d’arte prezioso che abbiamo paura di rovinare anche solo aprendo bocca. Vi è mai capitato? Ecco, iniziare un articolo – e anzi, un’intervista – con Róisín Murphy mi dà esattamente quella sensazione. Perché Murphy è una cantante dalla lunga e gloriosa carriera, una vera icona del pop più sofisticato così come degli amanti della musica da club; ma è molto di più. È una diva vera, è un personaggio caleidoscopio che non smette mai di mettersi in gioco e di riproporsi a noi sempre cangiante, sempre nuova, mantenendo uno status di irraggiungibilità che oggi è davvero cosa rara.
Fresca di un nuovo album, ‘Hit Parade’, uscito lo scorso settembre, e che la ritrova in gran forma e con un impianto sonoro (la produzione è curata da Dj Koze) vicino ai suoi elettronici, la cantante irlandese presto partirà in tour, un tour che toccherò anche l’Italia, il prossimo 19 marzo all’Alcatraz di Milano.

 

Parto senza troppe cerimonie: Róisín, il tuo nuovo album ‘Hit Parade’ per me è ciò che meglio rappresenta le varie anime che hai espresso nella tua carriera. Pop, innovativo, estremo, ricercato, ermetico, arty, elettronico, anzi proprio dance. Hai scritto pagine importanti della storia della musica e prodotto album davvero pazzeschi ma qui per me c’è una sorta di summa del tuo lavoro.
Beh, ti ringrazio. Grazie.

Ma ti ci rivedi in questo?
Ovviamente sì. Voglio dire, quando faccio un album penso sempre che sia quello che mi rappresenta di più, è il frutto della visione – mia e di chi con me lavora ai miei pezzi – di un certo periodo, quindi chiaramente vivo quel momento come ciò che sento fortemente appartenermi, anche perché quando pubblico un disco voglio esserne totalmente soddisfatta. Poi al successivo provo le stesse sensazioni e guardando ai precedenti con il giusto distacco temporale, ne vedo anche i limiti, e così via per ogni lavoro con il precedente.

A proposito di collaboratori: ‘Hit Parade’ è prodotto da Dj Koze, uno dei personaggi più brillanti della scena house degli ultimi anni. Come siete arrivati a lavorare insieme?
In realtà ci conosciamo da un po’. Lui aveva voluto che contribuissi al suo album e da allora ci siamo tenuti in contatto. Ci eravamo conosciuti tramite Matthew Herbert, con cui avevo spesso lavorato in passato e che ha collaborato a sua volta con Koze. E così poi ci siamo cercati, l’ho cercato, sono innamorata della sua musica, della sua visione, avevo fatto due pezzi per il suo disco, e quando ho deciso di fare il mio album e ho saputo che era abbastanza libero da potersi dedicare a lavorare con me per qualche traccia, sono stata davvero felice.

E come avete impostato il lavoro sull’album?
Avevamo una traccia inedita che era “avanzata” dalle sessioni del suo disco e aprendo gli hard disk l’abbiamo risentita e siamo partiti da lì, lavorando in remoto, per qualche brano. Poi, quando mi ha chiesto se poteva curare tutto l’album, sono stata contenta, era perfetto, tutto si è incastrato in maniera molto naturale.

Foto: ufficio stampa

C’è una traccia che ha svoltato l’album? Sono sempre curioso di conoscere come nascono i dischi, sai quei momenti leggendari come John Lennon che torna a New York da Yoko Ono dopo il periodo di eccessi a Los Angeles e la sua creatività rinasce…
Mmm… forse direi che ‘Can’t Replicate’ è stato il pezzo che ha sancito un netto cambio di marcia durante la lavorazione di ‘Hit Parade’. Avevamo due versioni di ‘Can’t Replicate’ e le abbiamo tenute entrambe fino all’ultimo, perché ci piacevano entrambe; però a un certo punto dal casino che c’era abbiamo dovuto scremare e cestinare il superfluo, e forse il momento in cui abbiamo scelto quale versione di ‘Can’t Replicate’ tenere è stato il momento di svolta. Come se da l’ in poi avessimo messo tutto il lavoro nella giusta prospettiva.

Parliamo di live: il tuo tour europeo partirà in primavera e toccherà anche l’Italia, nello specifico Milano, il 19 marzo. Che spettacolo dobbiamo aspettarci?
Ogni volta l’idea è di avere uno show più grande del precedente, sai… un po’ di più, di più… ampliare la produzione dove si può, utilizzare meglio spazi, idee, budget, anche imparando dai tuo precedenti. Questa volta saremo in cinque oltre a me sul palco, una grande band, sono vicina alla mia idea definitiva di live, sono contenta di come stanno venendo le cose.

Sei nata artisticamente con un progetto abbastanza legato alla musica da club – i Moloko – e sei sempre stata nell’orbita di producer, remix, insomma flirti sempre con la dance. Oggi che rapporto hai con il clubbing?
Ci vado ogni tanto, devo essere stimolata e il club è indubbiamente un luogo denso di stimoli. Ma nei club piccoli e intimi, è lì che mi trovo sempre bene. Con dj che so essere bravi e creativi, non amo le dimensioni grandi perché spesso si banalizza tutto per far ballare tanta gente. Ma io ricordo di aver imparato tutto nei club.

Ne avevamo parlato in una precedente intervista insieme e canora mi emoziona pensarci. Era tutta un’altra cosa?
Certo. Era l’era dei local djs e dell’ossessione per le cose cool e difficili da reperire, dischi e stile erano tutto. Negli anni ’90 senza internet potevi ascoltare dei talenti fantastici locali senza volare in tutto il mondo, era magnifico. Perché nei club giusti i dj resident erano delle vere star, e il pubblico era disposto a seguirli in ciò che proponevano. Anzi, era una sorta di sfida a trovare i dischi più nuovi e anche più particolari, il pubblico era estremamente ricettivo e tutto questo creava uno scambio ricchissimo. E poi ho dei ricordi pazzeschi, come guidare all’alba dentro Liverpool che si tingeva di rosso per il sole che sorgeva.
(qui ci tengo a scrivere la frase in inglese che mi ha detto Róisín perché è davvero suggestiva e meravigliosa e difficilmente traducibile, anche perché il significato potrebbe essere ducali: mi dice “I remember driving into bloody Liverpool in the early morning. The good old days” e mi ha dato un brivido esagerato).

 

Hai parlato di stile: il tuo è sempre stato incredibile. Ho delle amiche e degli amici con cui da sempre scattano discussioni infinite sulla tua ricerca di stile e sulla tua immagine ineguagliabile. Come fai?
Sono sempre stata appassionata di moda, fin da bambina, provavo di tutto e mi inventavo degli outfit mescolando ciò che girava per casa e che trovavo. E sono un poco esibizionista, quindi uso i vestiti non tanto come oggetti di moda ma per costruire mondi e fantasie, una mia narrazione che va di pari passo con la musica. I miei costumi proseguono ciò che la musica esprime quando sono sul palco. Sono ruoli, personaggi che posso interpretare, e mi diverte molto farlo.

Ci sono degli/delle stylist o designer che ti piacciono particolarmente in questo momento?
Non qualcuno in particolare, ma per esempio mi piace vestirmi molto mascolina in questo periodo, giacche, pantaloni dal taglio ampio e maschile, insomma se in passato spesso ho proprio esasperato la mia femminilità, adesso mi sto appunto divertendo nell’allontanarmene, nell’essere un po’ giocosamente maschile e mascolina.

 

 

 

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