• LUNEDì 30 SETTEMBRE 2024
Clubbing

Tutto cambia, anche Berlino. E anche il clubbing di Berlino

A Berlino si parla di klubsterben, morte dei club. Come andrà a finire nella capitale tedesca?

Foto e grafica: Riccardo Sada

Si fregia del titolo di locale musicale più famoso al mondo. È il Berghain di Berlino. Circa 5,4 milioni di ricerche su Google ogni anno sono per la discoteca tedesca che nell’ultimo trimestre dell’anno conta oltre 508,2 milioni di visualizzazioni di hashtag su TikTok. Più di qualsiasi altro club. È anche, mentre scriviamo, il terzo club col maggior numero di hashtag su Instagram: 326.341 post taggati come #berghain. La Germania e Berlino probabilmente sono diventate troppo berghaincentriche. Forse.

Come praticamente ogni cosa nella capitale tedesca, le discoteche stanno diventando sempre più costose, escludendo i club più avanguardisti e i CSA. Sarà pure il costo della vita, che i prezzi salgono, che tutto rincara, ma qualcosa in terra teutonica sta cambiando in fatto di clubbing. L’impatto sociale ed economico è sempre più profondo e i buttafuori iniziano a escludere per prime proprio le persone che hanno costituito l’humus della club culture cittadina. I club di Berlino sono noti per il loro senso di comunità e per il modo in cui offrono spazi ed experience a coloro che vivono più ai margini della società. Giusto poche ore fa abbiamo parlato della clamorosa chiusura, nel 2025, del Salon Zur Wilden Renate. E non è tutto.

 

Il leggendario clubbing della capitale tedesca, quello diventato tanto celebre  da diventare oggetto di tour sui siti di guide turistiche, meta di foto da social, racconto da film per la Gen Z, è entrato prima in una fase di stallo e poi in uno stato di crisi. Il Berghain ha portato il costo del biglietto di ingresso a 30 euro, aumentandolo non di poco e suscitando indignazione tra i consumatori del comparto. Nel 2022 era 25 euro: il 20 per cento in meno. A questo si aggiunge l’aumento dei prezzi sia per le bevande che per il guardaroba. E poiché fortunatamente non esiste solo il Berghain, ecco l’effetto domino a coinvolgere un’altra marea di locali, la cui prosperità o a volte, la stessa apertura, è messa a rischio dagli aumenti del costo della vita, dalla speculazione edilizia, dai cambiamenti di abitudini e di composizione demografica della città.

Foto: Aldo Bielli

Gli stipendi sono fermi e per divertirsi serve fare qualche sacrificio in più in tutta la città, in piena gentrificazione, secondo un’indagine della guida turistica Lonely Planet e un articolo di Barbara Woolsey. L’aumento medio è attorno al 25%, per le attività del settore notturno, secondo il giornale Tagesspiegel. La proprietà del Mensch Meier ha detto che se la situazione non cambia con un miracolo verranno chiusi i battenti del club entro la fine dell’anno. E non è che tiri buon vento nemmeno al Sisyphos o all’Oxi.

Ma attenzione: non si sta scrivendo il triste capitolo della fine del clubbing berlinese. Si sta riscrivendo la storia municipale della musica elettronica. Un po’ quello che sta accadendo da anni a Ibiza, per esempio. È un riposizionamento di target. Ibiza ha vissuto per anni della sua fama: negli anni ’90 i club si erano trasformati e per la pria volta nella storia abbiamo assistito a un modo nuovo, ragionato, imprendiatoriale di fare direzione artistica e programmazione, un modo che ha attirato i migliori dj e promoter dell’epoca sulla Isla. Poi però le cose cambiano, e anche le migliori, diventano “solite”. Stufano. Altrove succede qualcos’altro che cambia le carte in tavola, e così serve rinnovare la proposta. E infatti, l’ultimo decennio per Ibiza è stato quello del profondo restyling, dei nuovissimi club di lusso come di nuove serate che hanno preso il posto dei vcchi brand. Londra, che era indiscussa capitale mondiale della Notte, ha perso smalto e lasciato a Berlino lo scettro negli ultimi quindici anni. Ora, il ciclo berlinese è al suo termine e di nuovo sta arrivando una rivoluzione. Sta per essere ridisegnato l’ecosistema del divertimento mondiale.

Il fenomeno va a braccetto con una forma di recessione e inflazione che, pervasivo, ha addirittura una parola in tedesco per essere definito: è il klubsterben. Significa morte dei club. Nel mondo, da sempre, il club necessita di un sostegno prima civico, poi culturale, poi sociale, poi economico e infine statale. Se sei piccolo ti muovi rapido, se sei grande hai le spalle larghe. Ma non stiamo parlando di discobar a Kreuzberg o mega disco per turisti, qui il focus è sul club che sta in mezzo e che vacilla. O trova sponsor e sostenitori nella finanza o chiude. Viva l’underground vera, quella “sgarrupata”.

Foto: Aldo Bielli

Città come Berlino, ma anche come Amsterdam e Londra, sono destinazioni per il clubbing gitano ben consolidate, in Europa. Tuttavia, chi è alla ricerca di nuove esperienze si dirige più a fondo, nel cuore dell’Europa centrale, per sbocciare, ballare e festeggiare: ad esempio, va a Varsavia. La cultura dei club in Polonia si sta sviluppando da un trentennio e attualmente sta vivendo incredibili cambiamenti. Dopo la pandemia, la scena qui è esplosa: lo sa bene lo scrittore Duncan Dick che nel suo libro ‘Destination Dancefloor’ descrive Varsavia come una alternativa a Berlino e politicamente e musicalmente attiva, una delle scene più forti dell’area. Sta succedendo in riva alla Vistola ciò che accadde a Berlino appena caduto il Muro. Solo a 35 anni di distanza. Lo stesso sta succedendo da qualche anno a Lisbona, sempre più interessante nelle ore notturne, o a Porto, per restare in Portogallo. Oppure a Barcellona, tornata dopo qualche stagione appannata ad essere un posto dove succedono tante cose su cui tenere occhi e orecchie aperte. E perché no, Milano, al di là dei super guest che ogni weekend animano le consolle dei migliori club, sta vivendo un’ottima stagione di rinnovamento sotterraneo.

Povera Berlino. Schiacciata dagli abusi del potere. Nonostante tutto, la scena del clubbing berlinese arranca, è a suo modo in evoluzione, affronta sfide significative mentre cerca di preservare la sua unicità, la sua identità. Aumentano le feste private in case, ville, magazzini, outdoor, temporary shop e pop-up store. Spazi. Ne aprono di nuovi, polifunzionali soprattutto, che sonorizzano il vuoto offrendo dj set e nuove proposte culturali. Sempre secondo Barbara Woolsey, sono più di 1600 le residenze artistiche e culturali locali: solo che un centinaio di queste potrebbero chiudere nel giro di un paio di anni, se non prima.

Sta cambiando la scena. Stanno cambiando i gusti. E non quelli a tavola, perché nella Berlino gastronomica puoi passare dallo star seduto dinnanzi a uno chef stellato al camminare con un currywurst in mano. Cambiano i gusti musicali. C’è l’irremovibile techno ma si stanno diffondendo punti in cui si ascolta house, dubstep, trap e italo disco. È il corso dei tempi. Senza morale, senza chiosa. Ma con tante speranze.

 

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Riccardo Sada
Riccardo Sada
Distratto o forse ammaliato dalla sua primogenita, attratto da tutto ciò che è trance e nu disco, electro e progressive house, lo trovate spesso in qualche studio di registrazione, a volte in qualche rave, raramente nei localoni o a qualche party sulle spiagge di Tel Aviv.