• VENERDì 20 SETTEMBRE 2024
Interviste

Breve storia di Pino D’Angiò e di quella volta che inventò la trance

Re della disco anni '80, autore di hit tra cui ‘The Age of Love’, sarà special guest del Fragola's Night al Tenax di Firenze. E per noi si racconta

Foto: ufficio stampa Tenax

Pino D’Angiò ha 71 anni e va ancora in discoteca. Non che sia un demerito a quell’età, anzi. Lui però ci va da protagonista, da uno con alle spalle una discografia da oltre tre milioni di dischi. In quelle 700 compilation con cui ha coperto il pianeta ci sono successi nostrani, come ‘Ma Quale Idea’, uno fra i primi esempi di disco cantata in italiano e il primo successo rap prodotto in Europa, e un brano seminale come ‘The Age of Love’, che lo ha portato nel 1990 (insieme a Bruno Sanchioni) a essere considerato uno dei primissimi pionieri della musica trance nel mondo (il resto è storia, una storia che passa da Jam & Spoon a Charlotte de Witte & Enrico Sangiuliano, giusto per citare due versioni del pezzo che hanno fatto e rifatto la storia durante i decenni).

Ospite del Tenax di Firenze sabato 20 gennaio nell’ambito della celebre Fragola’s Night all’interno di Nobody’s Perfect! (apertura porte ore 22:30, ticket a partire da € + dp, ingresso vietato ai minori di 18 anni), serata che ha abituato i suoi assidui frequentatori a incursioni nella disco anni ’70 e ’80 (vedasi le date con Cerrone o Alexander Robotnik), Pino D’Angio celebra la sua carriera ultra quarantennale. A fare gli onori di casa Philipp & Cole (fondatori del marchio Fragola), l’immancabile Alex Neri, Tommyboy e David Brilli.

Ma torniamo a Pino D’Angiò, all’anagrafe Giuseppe Chierchia, da Pompei, Napoli, classe 1952, nato da una famiglia originaria di Mercato San Severino. Uno che parla fluidamente francese, inglese e spagnolo. Torniamo e lo intervistiamo. Perché merita: è un vero appassionato di musica, amato da Mogol. Negli anni ha lavorato a fianco di stelle italiane e figura come unico artista tricolore presente nel dvd ‘World Tribute to the Funk’ tra l’altro premiato negli USA con un Rhythm & Soul Music Awards. Gli diamo del lei.

 

Partiamo dalla serata Fragola al Tenax. Cosa accadrà, ci sarà un dj set, un live? Tutto sarà in chiave ballabile, con tracce storiche ma riarrangiate in modo contemporaneo?
Al Tenax terrò un live tradizionale attraverso il quale racconto la mia storia, una storia fatta di brani in lingua italiana che girano così, senza essere forzatamente tradotti in tutto il mondo. Al Tenax canterò su basi originali, perché riarrangiare dei brani è secondo me come correggere un quadro, rimaneggiare un’opera, e non avrebbe senso.

‘Ma Quale Idea’, hit da tre milioni di dischi e più di 700 compilation vendute in tutto il mondo, è stata campionata nel brano ‘Don’t Call Me Baby’ del duo australiano Madison Avenue e pubblicata nel 1999. È mai stata tradotta e interpretata in lingua inglese?
Quasi tutte le mie canzoni sono state ricantate in spagnolo e anche in inglese ma negli anni mi sono accorto di una cosa: che la gente, anche all’estero, continua a cantare in italiano. A Londra abbiamo fatto due serate nel 2023 e i giovani, nonostante le versioni in inglese, cantavano a memoria tutto il mio repertorio in italiano.

 

Quel giro di basso ripreso dai Madison Avenue l’ha pensato insieme a Stefano Cerri?
Dico questo: molti hanno detto quel giro assomigli a quello di ‘Ain’t No Stoppin’ Us Now’ di McFadden & Whitehead. Tuttavia, se si sovrappongono i due brani con il lucido, il nostro e il loro, su nove note ne corrispondono tre. Cerri così aggiunse e il giro ne guadagnò.

Ha mai poi incontrato i Madison Avenue? Se sì, le hanno mai chiesto di collaborare con loro?
No, perché artisticamente sono scomparsi.

Dove e quando è nata la sua passione per il funk?
Ascoltavo solo quello, Joe Tex e James Brown. Ho iniziato a lavorare da giovane nel settore musicale quando vivevo negli Stati Uniti. Ero abituato appunto a James Brown e quando tornai a vivere in Italia c’era Orietta Berti. Il rap non esisteva ancora, in quel periodo, ma io iniziavo a fare qualcosa in modo ironico che aveva affinità con le filastrocche, anche perché non esisteva il rap: il mio era un mix fatto di meccanismo filastrocca su base funky.

Come è nata invece ‘The Age of Love’. Come ha conosciuto Bruno Sanchioni? Chi ha fatto cosa nella composizione del brano?
Bruno l’ho conosciuto di persona solo un anno dopo che era uscita la canzone. Lo sentivo per telefono. Il brano è nato così: ero a casa di un editore, Philippe De Keukeleire. Mi chiese di scendere in sala di incisione dove sentii una cosa orrenda con una ritmica fatta con una batteria elettronica Linn. C’erano degli accordi buttati lì. Dissi a Bruno che la cosa mi faceva schifo. Ci lavorai sopra e creai il riff (il sequencer, ndr) e pregai di non mettere il nome di Pino D’Angiò su questo brano. Sbagliai. Mi chiamò settimane dopo e mi disse che il pezzo stava volando. Mesi dopo era al vertice delle chart in Inghilterra. Il progetto lo chiamammo Age Of Love come il titolo perché semplicemente non poteva contare su un artista vero.

 

Segue la dance contemporanea? Se sì, quali dj le piacciono? Ce n’è uno in particolare con cui le piacerebbe collaborare?
Non vorrei fare nomi. Dico però che c’è tanta bella roba in giro. Solo che oggi è difficile individuarla. È difficile che qualcuno da zero riesca ad arrivare in alto e farsi notare. Oggi tutti scrivono e nessuno legge, tutti suonano ma nessuno ascolta. Gran parte delle cose sono un’imitazione di quello che esiste già. Una volta ci si poteva distinguere, oggi no.

Farebbe mai il dj? Magari al Tenax.
Lo farei. Ma sarei credibile a 71 anni?

 

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Riccardo Sada
Riccardo Sada
Distratto o forse ammaliato dalla sua primogenita, attratto da tutto ciò che è trance e nu disco, electro e progressive house, lo trovate spesso in qualche studio di registrazione, a volte in qualche rave, raramente nei localoni o a qualche party sulle spiagge di Tel Aviv.