• VENERDì 18 OTTOBRE 2024
Interviste

Padre Guilherme: la techno è una religione

Il prete dj divenuto popolarissimo dopo il suo set alla Giornata Mondiale della Gioventù. È tornato in Italia per suonare all’Holi Dance Festival. Lo abbiamo intervistato


Foto: ufficio stampa Unconventional Events

Papa Giovanni Paolo II e Carl Cox, il seminario e le lezioni da dj, le missioni in Afghanistan e le serate a Ibiza. Tutto questo fa parte della vita di Padre Guilherme Peixoto (50 anni il prossimo 30 luglio), il prete dj della diocesi portoghese di Braga divenuto famoso in tutto il mondo lo scorso anno per il suo set al Parque Tejo di Lisbona, dove ha fatto ballare un milione e mezzo di partecipanti alla Giornata mondiale della Gioventù.

Il pubblico italiano lo ha visto in console per la prima volta lo scorso 31 ottobre a Ferrara per Monsterland e lo ha ritrovato pochi giorni fa al Carroponte – alle porte di Milano – per la prima tappa di Holi Dance Festival, dove lo abbiamo intervistato al termine del suo set. Padre Guilherme ha davvero tanto da raccontare e lo ha fatto con dovizia di particolari per i lettori di DJ Mag Italia.

 

Padre, che cosa desiderava di più da bambino? Diventare un prete o un dj?
Un prete. Andavo in parrocchia, vedevo e seguivo chi officiava messa e volevo essere come lui; allo stesso tempo ho sempre amato la musica e quando avevo 19, forse 20 anni ho iniziato ad interessarmi all’elettronica. Per me era assolutamente normale andare nei locali a sentire musica dopo le lezioni in seminario o dopo aver trascorso la giornata con gli scout, nei week-end o quando andavo in vacanza. Religione e musica sono da sempre entrambe parti integranti della vita, mai state entità separate. Ho anche suonato in gruppo per diverso tempo.

Quando ha iniziato a pensare di diventare un dj?
Divenuto prete abbandonai il mio gruppo musicale, con il quale feci un ultimo giro in Portogallo (quasi una sorta di the last dance – ndr)  perché ero consapevole che il presbiterio mi avrebbe giustamente impegnato a tempo pieno. Poi successe che in parrocchia aprimmo un piccolo locale per sostenere i costi dell’attività con i contributi dei fedeli: la musica che veniva diffusa era molto soft, pensai che serviva qualcosa di diverso e che qualcuno se ne occupasse. Così ho iniziato a selezionare musica elettronica, a comprare i software per il mio laptop, a frequentare corsi per dj, a studiare gli special guest che venivano a Braga, in particolare quando aprì il Pacha.

La vocazione si palesò definitivamente dall’altra parte del mondo.
In quanto cappellano militare andai in Afghanistan: nel nostro reparto c’era un ragazzo che mixava per i soldati, talmente bravo che decisi di seguire il suo esempio. Tornato in Portogallo mi rimisi di nuovo a studiare, ad esercitarmi, a fare pratica, a mettere a fuoco una musica che potesse identificarmi.

Poi durante il lockdown…
Durante la pandemia ero a casa come tutti, e come tanti mi sono dedicato agli streaming da convidere in rete e ho puntato sulla techno: rimasi decisamente stupito da quanti messaggi positivi ricevetti. A questo punto non mi restava trovare come conciliare questo genere con i messaggi spirituali che volevo diffondere: ho trovato nella melodic techno il sound più adatto.

 

Nei suoi set Padre Guilherme alterna techno a grandi classici non scelti a caso come ‘Music is the answer’ di Danny Tenaglia, citazioni di frasi di Papa Francesco (che in Vaticano ha benedetto le sue cuffie) e di Papa Giovanni Paolo II, sconfinando anche fuori dalla dance quando propone in alcuni momenti Luciano Pavarotti o Bob Dylan (‘Knockin’ On Heaven’s Door’): i suoi sono set ecumenici, nel senso stretto della parola, proposti indossando sempre il colletto ecclesiastico. Anche l’abito fa il monaco, mai come stavolta è proprio il caso di scriverlo.

Quali sono i dj che l’hanno più ispirata?
Quando vado nei locali non guardo tanto i dj, faccio molta più attenzione a come reagisce il pubblico. Sono andato a Ibiza a sentire Carl Cox, rimanendo tutto il tempo in quarta fila in mezzo alla pista e sono rimasto ovviamente molto impressionato, David Guetta è sempre bravo ad avere successo proponendo ogni volta le sue hit, così come va un grande plauso a Black Coffee per avere reso così diffusa la afro house, musica che a sua volta contiene profondi messaggi spirituali. Tra i dj in questo momento apprezzo in particolare Argy, la sua musica ha un non so che di gregoriano, trovo altrettanto bravo chi sia capace di disimpegnarsi in maniera diversa in base al contesto: un conto è mettere musica all’ (dove Padre Guilherme suonerà per Afterlife giovedì 11 luglio 2024) con tutti quel visual, un conto è farlo senza tutti effetti speciali al DC10. Ho visto dj sapersela cavare benissimo in entrambe le occasioni.

 

Come possono convivere religione e techno?
Per un prete è fondamentale capire con quale linguaggio comunicare con i giovani e che cosa c’è di meglio della musica elettronica per trovare un territorio comune? Non posso avere la pretesa di far arrivare i miei messaggi presentandomi in console mostrando o leggendo la Bibbia, così come sono cosciente che tanti ragazzi non vadano a messa ogni domenica. Troviamoci a metà strada: io vado da loro dove ballano, loro ascoltano quello che propongo, pensieri e citazioni religiose. Di sicuro possono fare breccia nelle loro anime e nei loro cuori tra una traccia dance e l’altra. Non siamo singole entità, il corpo non è slegato dallo spirito, dal cuore, dall’anima. Siamo un tutt’uno.

Un concetto che da sempre porta avanti Padre Antonio Pileggi con la sua rassegna milanese Inner_Spaces, dedicata all’elettronica da ascolto e che da anni raccontiamo su DJ Mag. Le modalità sonore scelte da Padre Guilherme e Padre Antonio sono simmetriche, molto più che agli antipodi ma a loro modo convergenti.

Come le è parso il pubblico italiano?
Sia a Monsterland sia all’Holi ho trovato un pubblico molto ricettivo e sono certo sia formato da molti credenti, che praticano la fede. Ero a Firenze quando morì Papa Wojtyla. Mi recai in Vaticano e rimasi davvero colpito nel vedere di notte quanti giovani italiani si recarono a rendergli l’ultimo saluto con una candela in mano. Giovani che con tutta probabilità amano andare a ballare: a loro mi devo e mi voglio rivolgere.

Dalla console di un festival e dal pulpito di una chiesa. E viceversa.

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Dan Mc Sword
Dal 1996 segue, racconta e divulga eventi dance e djset in ogni angolo del globo terracqueo: da Hong Kong a San Paolo, da Miami ad Ibiza, per lui non esistono consolle che abbiano segreti. Sempre teso a capire quale sia la magia che rende i deejays ed il clubbing la nuova frontiera del divertimento musicale, si dichiara in missione costante in nome e per conto della dance; dà forfeit soltanto se si materializzano altri notti magiche, quelle della Juventus.