• SABATO 01 FEBBRAIO 2025
Costume e Società

La fine di Ibiza, tra lusso e precariato

Una crisi culturale e sociale coinvolge la Isla Blanca. Un segnale di allarme per un luogo sempre aperto a ogni individuo amante della natura ma anche del clubbing. E che sta velocemente cambiando pelle

Foto: Fifty Years Of Bliss by Pacha Ibiza

Un tempo considerata un rifugio bohémien e un paradiso per gli spiriti liberi, Ibiza sta affrontando un’ennesima trasformazione, dopo la scoperta del clubbing negli anni ’80, la massificazione dei ’90 e dei 2000 e il riposizionamento verso un turismo sempre più lussuoso nell’ultimo decennio. L’isola delle feste e delle spiagge da cartolina si trova ora al centro di un dramma in cui il lusso e la mondanità stridono contro la precarietà e le disuguaglianze economiche crescenti. La stessa Ibiza sembra smarrire il suo spirito originario, intrappolata in un ciclo di eccessi che, se non interrotto, potrebbe portare a un declino irreversibile. Ibiza, oggi, è il microcosmo di un problema globale: la crescente disparità tra chi può permettersi il lusso e chi fatica per sopravvivere. Da un lato, magnati e celebrità vivono nell’opulenza, protetti da muri e guardie, e dall’altro, residenti e lavoratori stagionali si trovano schiacciati da un mercato immobiliare impazzito e da un’economia che li sfrutta.

Un bilancio su Ibiza a gennaio è doveroso. Stiamo entrando in punta di piedi nella nuova stagione. Mentre il turismo di massa si sposta verso nuove destinazioni come Dubai e Cipro, che offrono un’alternativa al lusso di Mykonos e Ibiza, la Isla rischia di diventare un feudo esclusivo per ricchissimi, irraggiungibile per la gente comune. La cultura ibizenca, un tempo fiera delle proprie radici, si trova ora a dover combattere per sopravvivere. Con l’invasione dei mega-club e l’omogeneizzazione dell’esperienza turistica, l’anima autentica dell’isola è messa da parte.  Le tradizioni locali, come le fiere artigianali e le feste patronali, stanno scomparendo, sostituite da eventi commerciali che rispecchiano solo un’idea patinata di Ibiza.

 

Foto: Pacha Ibiza

 

L’impatto dell’overtourism si sta fermando alla sfera sociale e culturale: nessuna devastazione ambientale. Nessuna spiaggia affollata. Nessun’acqua inquinata. Ma la flora sta soffrendo sotto il peso di uno sviluppo incontrollato a causa della cementificazione. Sulla strada che porta a Sant’Antonio, e non solo quella, centinaia di rivendite di materiale edilizio. L’isola stessa sembra non essere più in grado di sostenere il peso del proprio successo, un gigante dai piedi di argilla che rischia di crollare sotto la pressione dell’avidità e dell’indifferenza. La domanda più grande è se esista ancora una via di uscita. Le soluzioni ci sarebbero ma business è business e coraggio e determinazione non bastano, ci si schianta contro l’imprenditoria che che tiene viva e vegeta l’economia locale.

 

Rincari anche per le tapas, foto di Riccardo Sada

A Ibiza non servono misure drastiche per ridurre il numero di turisti, in modo da alleviare la pressione sull’isola: serve inclusività di ceto. Troppi ricchi e molti poveri, troppo hotel e ville cinque stelle e pochi alloggi per la manodopera, i lavoratori (e di questi se ne trovano sempre meno). L’introduzione di politiche abitative che proteggono i residenti è minima e manca una presa di coscienza collettiva, una nuova consapevolezza. Ibiza è un’isola e non può essere trattata solo come un business ma come una casa e un’opportunità. Le istituzioni locali non possono più rimanere in silenzio, complici di un sistema che sacrifica la qualità della vita dei suoi abitanti. È necessaria una regolamentazione rigorosa e una visione che metta al centro le persone e l’ambiente, anziché i profitti.

La sfida è titanica, e Ibiza merita di più: merita di ritrovare sé stessa e di costruire un futuro che non lasci nessuno indietro. La sua fine è inevitabile? La risposta spetta a tutti noi. Senza un’azione decisa, questo gioiello del Mediterraneo rischia di diventare una terra spogliata della propria anima, un luogo di vacanza solo per i ricchissimi, un’Ibiza riservata agli oligarchi. Nel frattempo, il cuore autentico di Ibiza potrebbe dover trovare rifugio altrove, forse in una nuova località che preservi quella libertà e quello spirito che una volta animavano quest’isola ora in pericolo. Ibiza sta diventando altro.

Foto: Tantra Ibiza

Ibiza con la costruzione di [UNVRS] diventerà un divertimentificio solo per ricchissimi. Ricchi, ricchissimi, praticamente in mutande, sulla spiaggia, a Ibiza. Parafrasando un film del 1982 con Lino Banfi e Renato Pozzetto. La trasformazione che sta attraversando Ibiza con lo sviluppo di progetti come [UNVRS] è un riflesso perfetto delle disuguaglianze della società contemporanea, dove il divario tra ricchezza estrema e povertà è sempre più evidente. L’isola sta diventando il simbolo di un modello di sviluppo in cui una ristretta élite può permettersi di vivere in un lusso sfrenato, mentre una grande parte della popolazione locale e stagionale è relegata a lavori mal pagati e spesso precari, per garantire il funzionamento di questo sistema.

Ibiza, una volta icona di libertà, condivisione e vita comunitaria, rischia di essere trasformata in una vetrina per ricchissimi, dove i luoghi di intrattenimento, le spiagge e perfino la natura diventano appannaggio di chi può permettersi di accedere a questi nuovi “paradisi” artificiali. Dall’altra parte, la manodopera locale, insieme ai lavoratori stagionali che alimentano il turismo, vive spesso in condizioni di grande difficoltà economica, con salari bassi e difficoltà ad accedere a servizi fondamentali come alloggi dignitosi, a causa dell’inflazione immobiliare causata da questa corsa al lusso.

 

IMS Ibiza 2024, foto di Riccardo Sada

Gianfranco Bortolotti, storico fondatore di Media Records e noto per aver lanciato artisti come Gigi D’Agostino, a Ibiza ha la sua mega villa e spiega: “Ibiza è sempre il posto giusto per chi lavora tra musica ed entertainment. È un luogo perfetto per capire le tendenze. Oggi è in evoluzione, resterà il regno del lusso. Qui nel 2030 si giocheranno anche i mondiali di calcio, come nel resto di unitamente di Spagna, Portogallo e Marocco. E diventerà anche un luogo per grandi eventi sportivi, pop e rock. Non per caso tutti i grandi gruppi alberghieri sono arrivati sull’isola”.

Questo divario tra chi può godere del lusso e chi ne serve le fondamenta è emblematico della società contemporanea, in cui la ricchezza si concentra sempre più in poche mani, mentre una larga parte della popolazione fatica a mantenere un livello di vita dignitoso. Il rischio è che Ibiza diventi un luogo sempre più disconnesso dalle sue radici e dalla sua comunità, dove la bellezza naturale e culturale è sacrificata sull’altare del profitto e dell’esclusività. Se non si interviene per tutelare il tessuto sociale e l’ambiente, l’isola potrebbe diventare non solo un esempio di come la globalizzazione possa divorare un luogo, ma anche un microcosmo delle disuguaglianze economiche e sociali che caratterizzano il nostro tempo.

È chiaro che la reputazione di isola del divertimento, degli eccessi e di un intrattenimento sempre più spettacolare non prevede che l’asticella si abbassi. Il problema è come far convivere tutto questo con una mentalità e uno stile di vita che rispettino abitanti, lavoratori, e ambiente. Non una sfida da poco.

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Riccardo Sada
Riccardo Sada
Distratto o forse ammaliato dalla sua primogenita, attratto da tutto ciò che è trance e nu disco, electro e progressive house, lo trovate spesso in qualche studio di registrazione, a volte in qualche rave, raramente nei localoni o a qualche party sulle spiagge di Tel Aviv.