Aslice, la piattaforma software di condivisione dei ricavi per dj e produttori lanciata pubblicamente da DVS1 nel 2022, sta chiudendo. Mirava a facilitare pagamenti equi tra dj e produttori ma ha annunciato la sua chiusura con una dichiarazione sul proprio sito web. “È con il cuore pesante che annunciamo la nostra chiusura”, ha scritto lo staff della dsp. “In meno di quattro anni, Aslice ha dimostrato che un vero cambiamento nell’industria musicale è possibile. La nostra piattaforma comunitaria è stata costruita da artisti per artisti. Abbiamo sviluppato un software di condivisione dei ricavi che ha funzionato, senza alcun finanziamento o influenza aziendale”.
Aslice ha continuato a condividere i progressi potenzialmente rivoluzionari che ha raggiunto: “Il nostro software proprietario di apprendimento automatico ci ha permesso di raggiungere un’incomparabile precisione del 99,8% nel riconoscimento dei brani, stabilendo un punto di riferimento nel settore e dimostrando che i produttori giusti possono ricevere le loro royalties quando viene implementata la tecnologia corretta… Il 29% dei produttori ha ricevuto il suo primo pagamento di sempre per la propria musica attraverso Aslice, mentre il 60% ha guadagnato di più con Aslice che con tutti gli altri ricavi musicali combinati”.
Mentre Aslice non accetta più invii di playlist da parte dei dj, i produttori non registrati hanno tempo fino al 31 dicembre 2024 per iscriversi e ottenere la verifica con Aslice al fine di ricevere i pagamenti finali. Dal lancio della beta privata alla fine del 2021 fino al 3 settembre 2024, Aslice ha redistribuito 422.696 dollari da 7.396 playlist inviate da 935 dj a 27.395 produttori in 57 paesi, elaborando 85.265 brani unici da un totale di 355.163 riproduzioni segnalate, ha rilevato il rapporto A Slice Of Fairness. Il 10% dei dj iscritti ad Aslice ha rappresentato il 65% di tutti i guadagni distribuiti ai produttori attraverso la piattaforma.
Aslice sarebbe dovuto essere il rivoluzionario servizio basato su software e piattaforma comunitaria che avrebbe consentito ai dj professionisti di condividere i guadagni direttamente con i produttori musicali con cui suonano nei concerti a pagamento. Dave Clark molto polemico da Facebook sulla chiusura di Aslice. “Ho scoperto la notizia della chiusura di Aslice qualche giorno fa e ho voluto riflettere prima di parlarne. La trovo una notizia davvero triste. L’idea di Zak (Khutoretsky, noto anche come DVS1, ndr) era davvero figa, anche se forse un po’ complessa. Meritava di diventare il modello ideale per fermare il continuo degrado dell’industria musicale e delle arti, che sembrano intrappolate in una spirale negativa, supportata da sistemi di merito sempre meno efficaci. Le agenzie di raccolta hanno sminuito il valore economico degli artisti, specialmente quelli del mondo della musica elettronica, distribuendo loro pochissime risorse. Leggendo il rapporto, molti punti sono chiari. Tuttavia, mi ha colpito vedere nomi come Calvin Harris e Tiësto menzionati. Perché? Sono bersagli facili, ma ci sono dj ‘techno’ che vengono pagati anche 200-300.000 euro per una serata e che evitano responsabilità finanziarie o sociali. Preferiscono investire il 10% dei loro guadagni in campagne social per promuoversi, piuttosto che supportare la comunità musicale da cui provengono. Harris e Tiësto, con la loro popolarità, non sono minimamente toccati da queste critiche. Ma citare dj più underground, più club ma di successo sarebbe un suicidio per la carriera di chiunque osasse farlo. Molti artisti hanno sostenuto l’idea di Zak però non abbastanza. Forse anche a causa di alcune voci infondate che circolavano. Nel rapporto si evidenzia anche come molti dj sembrino molto sconvolti, mentre altri mostrano solo lacrime di coccodrillo. Non puoi chiedere migliaia di euro per una stanza d’albergo e poi fingere di supportare l’underground donando solo pochi spiccioli per migliorare la tua immagine. Zak aveva ragione: i produttori meritano sostegno. Una volta, vendere 15.000 copie di vinile in una settimana era possibile, e guadagnarsi da vivere con le vendite era fattibile. Oggi, con servizi come Spotify, i produttori si trovano a investire tempo e denaro senza un giusto ritorno. Anche se il costo delle attrezzature si è abbassato, il vero investimento è il tempo, che purtroppo non viene adeguatamente compensato. Un tempo, le classifiche musicali erano autentiche, gestite da dj appassionati. Ma oggi tutto è diventato politico, con produzioni auto-promosse, collaborazioni discografiche pagate e favoritismi. La domanda che dovremmo porci è: cosa vendiamo o promuoviamo davvero?. La risposta è un mix di narcisismo e giochi di potere, amplificati dai social media, dove il solo risultato che conta è il successo commerciale. Grazie, Zak, per averci provato. Grazie di cuore”.
A quello di Clark, si aggiunge il commento di Richie Hawtin da Instagram.
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12.10.2024