Foto: Instagram @watergate.club.official
Berlino non è più quella di una volta, e i segnali di una città che sta cambiando rapidamente volto e dinamiche è palese quando locali storici chiudono i battenti. È successo poche settimane fa con l’annuncio del Renate, che nel 2025 saluterà per sempre. Succede ora con uno dei club più iconici di tutti i tempi, in tutto il mondo. Il Watergate chiude. Parliamo di uno dei locali che hanno segnato l’immagine di Berlino e l’immaginario collettivo della techno (e non solo) mondiale, dagli anni ’90 ad oggi. Un club costantemente nella DJ MAG Top 100 Clubs e perennemente citato da dj e appassionati come uno dei punto di arrivo dove lavorare e come unop dei simboli della club culture.
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Nel comunicato, la proprietà afferma che “dopo attente considerazioni, il management del club ha preso la sofferta decisione di chiudere il Watergate alla fine dell’anno, e non estendere il contratto di affitto. A causa delle sfide di ordine economico – dai costi in crescita ai cambiamenti nelle dinamiche della nightlife e a grandi incertezze sul futuro del club – questa era l’unica scelta responsabile da fare“. Il comunicato prosegue poi raccontando di come il Watergate non si sia mai davvero risollevato dopo la crisi dovuta alla chiusura del periodo Covid, ma ammonisce anche su una situazione simile per molti altri locali della città.
Un finale amaro, insomma, per un’icona della cultura dei club. Ma non solo: un segnale sempre più preoccupante di un mondo che a fronte di una vetrina scintillante, fatta di un’immagine sempre più lussuosa e lontana dai “princìpi” che animavano la cultura dei dj e della musica dance, della sua comunità, in tempi ormai lontani, sembra mostrare sempre più fragilità concrete. Berlino è stata per quasi vent’anni il posto dove tutto poteva succedere, con possibilità anche economiche favorevoli. Oggi non lo è più, e questo è un dato di fatto. Ma la situazione non è molto differente in tante altre parti del mondo. I club hanno ormai da un lato spese folli e di conseguenza prezzi folli per la clientela, dai biglietti d’ingresso ai drink a ogni servizio. Dall’altra, vivono di economie montate come panna montata dalla finanza, sempre più presente con l’iniezione di liquidità di grandi gruppi, agenzie, fondi di investimento.
Solo che il clubbing non vive di programmazioni a lungo termine, come il circuito dei concerti, ad esempio; vive di programmazioni settimanali e di quotidianità, e la speculazione finanziaria non si appiccica bene a questo tipo di routine, in molti casi. Aggiungiamo poi che se i dj sono superstar e la dance è di moda – basti vedere quanti festival ogni anno spuntano e richiamano folle oceaniche – “andare a ballare” non lo è, paradossalmente, così tanto. Una nuova stagione è appena iniziata. Ce n’è abbastanza per riflettere a lungo.
17.09.2024