Network internazionale di artiste, transgender e personalità non binarie nel campo della musica elettronica e delle arti digitali, female:pressure, attraverso il suo ultimo e sesto studio, FACTS (scaricabile QUI), condotto da diversi volontari, donne e artisti non binari, ha portato alla luce importanti dati per il settore della musica elettronica come dimostra il grafico realizzato da Elisa Metz e che segue.
La suddivisione nel comparto è questa:
- 58% maschi
- 30% donne
- 7% misto
- 3% non binario
I dati coprono il periodo 2012-2023 e, considerati nell’arco di oltre un decennio, i progressi sono notevoli: il 43% di rappresentanza non maschile rispetto al 18% nel 2012. I festival più grandi tendono ad avere coinvolgimenti e proporzioni inferiori di spettacoli femminili e non binari. I grandi eventi finanziati con fondi pubblici e i festival con direttrici artistiche donne hanno percentuali più elevate di artisti femminili. C’è una tendenza continua secondo cui i festival più grandi lavorano sul booking con un minor numero di artisti femminili e non binari.
In effetti, quanto più piccolo è un festival e tanto più diversificata sarà la sua line-up in termini di genere. Chiaramente oggi c’è ancora uno squilibrio significativo nella rappresentanza di genere sui palcoscenici dei festival di musica elettronica. È un problema sistemico. Il sessismo strutturale perpetua la disuguaglianza creando barriere e disincentivi per gli artisti di generi emarginati, limitando il successo nelle arti allo status quo.
Dal 2012 al 2023 tuttavia si è notato un miglioramento costante in generale in tutte le categorie. Il report comunque non tenta di esaminare gli squilibri nelle retribuzioni e in altre risorse: si presume però che il parametro dell’importanza di player ed eventi sia correlato anche a un divario retributivo.
Le donne hanno il 25% in più di probabilità di riferire che il loro genere non sia adatto al lavoro che fanno. Gli individui non binari hanno il 200% in più e gli individui transgender hanno il 250%. Ci sono delle note inoltre che sembrano di colore nelle statistiche.
Un esempio? Slovenia e Svezia sono le più rappresentative per Paese (parliamo di nazioni con più di 10 festival ciascuno), con proporzioni più o meno equilibrate, intorno al 50/50 maschi/femmine-non binarie. Stati Uniti, Croazia, Giappone, Repubblica Ceca e Irlanda si classificano in basso. Fanno peggio Messico, Federazione Russa e Portogallo, nei bassifondi della graduatoria.
Dati incoraggianti? Sì e no. È evidente che le cose sono cambiate, ma è altrettanto vero, dati alla mano, che il cambiamento pare essersi assestato nelle ultime stagioni e che molto spesso risente ancora di sacche pesantemente squilibrate nella composizione delle line up e in generale, della presenza nel settore. Un bilancio che può far sperare in un futuro, anche prossimo, sicuramente più equo, ma che contemporaneamente non deve far abbassare la guardia verso un discorso globale più sereno e paritario.
04.06.2024