‘A Perfect Cut In The Vacuum’ è l’album del musicista e produttore Paolo Tarsi su Anitya Records. Dallo scorso maggio gira il singolo ‘Artificial Intelligence’. Tarsi ha concepito il suo lavoro come una sorta di metamorfosi sonora che vede contrapposti da un lato l’antico horror vacui dell’uomo preistorico, dall’altro l’horror pleni tipico della modernità liquida. Il terrore, la paura del nulla, del vuoto, in senso filosofico, del passato, contrapposto alla paura del “troppo” che riempie le nostre vite e ci distrae ogni secondo.
L’incipit di ogni suo album contiene punti di collegamento con il lavoro che lo ha preceduto. “Il mio è un avant pop elettronico in cui l’esperienza del minimalismo americano si amalgama con l’electro-pop, l’ambient, il krautrock e la techno”, dice. ‘Artificial Intelligent’ si affaccia invece sul panorama di suoni sintetici dal sapore mitteleuropeo e racchiude la sperimentazione nello spazio ristretto e immediato di una canzone.
Per realizzare questo suo progetto, Tarsi ha messo su una squadra di fuoriclasse composta da tre ex musicisti dei Kraftwerk (Fernando Abrantes, Emil Schult, Eberhard Kranemann), ha coinvolto Hoshiko Yamane e Steve Schroyder dei Tangerine Dream e poi DJ Ralf, Scanner, Andrea Tich. Non solo: anche i membri degli Elektric Music, Afterhours, Tuxedomoon, King Crimson, Ulan Bator, Neu!, Area, Caravan, Henry Cow, National Health, e molti altri musicisti ancora. Oltre a Tarsi, per questa occasione sono stati interpellati Andrea Tich, Daniele Baldelli e DJ Ralf.
Come è nato il brano finito ora sotto i riflettori?
Ho avuto la meravigliosa possibilità di scrivere ‘Artificial Intelligence’ con Lothar Manteuffel, già partner di Karl Bartos negli Elektric Music, ed Emil Schult, designer degli artwork e co-autore dei successi più celebri dei Kraftwerk. Emil e Lothar si sono occupati del testo insieme a Emma Nilsson, mentre io della musica. Entrambi, poi, hanno prodotto un loro remix del brano per l’edizione limitata in doppio cd del mio album ‘A Perfect Cut in the Vacuum’, per cui Emil ha realizzato anche una splendida copertina e dove sono presenti versioni alternative della stessa traccia in italiano, tedesco e giapponese, insieme ad altri remix di Dj Ralf, Andrea Tich e dell’ex Kraftwerk Fernando Abrantes. Sono stati tutti davvero molto generosi con me e nutro verso di loro un sentimento di forte riconoscenza.
In che genere collocheresti la versione originale?
Electro pop, senza alcun dubbio.
Quali problemi hai riscontrato durante la produzione?
Non ricordo problemi particolari, se non quello di riuscire a creare delle musiche all’altezza della situazione. Per mia fortuna il brano è piaciuto fin da subito a tutti e devo dire che anche il pubblico lo apprezza molto. Le mie perplessità sono state di altra natura, riguardano la fruizione e la concezione che si ha della musica in questo momento. Credo che il digitale sia utile se letto come un’espansione dei supporti fisici, nulla di più. Temo proprio che dopo tanto duro lavoro per catturare al meglio l’essenza del suono, dal fonografo di Edison ad oggi, si stia vivendo in un’ubriacatura generale in cui la rapidità sta sostituendo la sostanza. Forse non ce ne rendiamo conto, ma una società senza memoria è destinata a perdere la sua identità.
Quale hardware o software è stato decisivo nella produzione?
Mi trovo più a mio agio con l’hardware e le timbriche di stampo virtual analog, come quelle, per fare un esempio, dell’ottimo Yamaha Reface CS, anche se dipende sempre tutto dal materiale su cui sto lavorando. Ho la fortuna, poi, di poter contare sull’aiuto di amici e colleghi come il produttore Violres che ha messo a disposizione il suo Micromoog e il Roland Juno-106 per ‘Artificial Intelligence’, mentre l’ex Tangerine Dream Steve Schroyder ha suonato su ‘In the Supreme Hashish of Our Dream’ i seguenti synth: Oberheim 4 Voice, Memorymoog, Korg Kronos X e Korg M3. Ad ogni modo le registrazioni sono avvenute con Ableton Live, mentre tra i plug-in che prediligo sicuramente trovano un posto d’eccezione i synth Arturia, Waves Suite, Albino di Rob Papen e Sonnox Oxford Suite.
Come sei intervenuto in fase di mix e mastering?
Nel periodo in cui lavoravo all’album mi spostavo continuamente tra città diverse lontano dal mio studio, motivo per cui ho affidato il mix di questo brano all’esperienza di Andrea Tich con cui mi sono confrontato a distanza. Per quanto riguarda il mastering, curato egregiamente da Andrea Felli al Farmhouse di Rimini, continuo a pensare che per la stampa su supporti fisici il passaggio in uno studio di registrazione sia fondamentale, benché la tendenza imperante oggi sia sempre più quella del DIY.
Tecnicamente lo reputi un risultato perfetto?
Credo che il brano abbia un’ottima struttura e che possa contare su idee altrettanto valide sia sul piano musicale che dei contenuti. Essere diretti senza sfociare nella banalità, evitando i soliti cliché, è una sfida che, specie in una canzone, dovrebbe essere raccolta da ogni musicista, anche se purtroppo oggi la qualità media delle nuove produzioni di successo non mi entusiasma particolarmente. Con questo non intendo affatto negare l’altissima perizia di tanti bravissimi musicisti o producer, quanto ribadire la mia più totale lontananza da ciò che il mainstream offre e insegue, in una società votata esclusivamente ai canoni dell’immagine. Ciò premesso, sono convinto che, se mai si possa parlare di perfezione, lo si debba alla versione di Fernando Abrantes e ai remix di Lothar Manteuffel e Ralf, tutti tecnicamente ineccepibili. Allo stesso tempo trovo altrettanto efficaci, specie sul piano stilistico, le versioni di Andrea Tich, Marco Dionigi e Daniele Baldelli. Davvero non avrei potuto chiedere di meglio.
Abbiamo fatto qualche domanda anche ad Andrea Tich, che si è occupato del mastering, e Daniele Baldelli e DJ Ralf.
Andrea, pensi che il remix abbia apportato un valore aggiunto all’intera release?
Ogni espressione creativa ha una sua valenza sopratutto se ispirata alla versione originale alla quale ho collaborato come voce principale. Quindi si, il remix che ho creato è lo sviluppo dell’idea di Paolo Tarsi filtrata attraverso il mio cosmo musicale. La mia versione contiene chiari riferimenti al lavoro dei Kraftwerk, la definirei electro baroque.
Daniele Baldelli, come hai contribuito al valore aggiunto della pubblicazione?
Sicuramente io e Marco Dionigi ci siamo immediatamente addentrati nell’atmosfera del brano. La voce al vocoder ci ha subito portato a pensare alle atmosfere dei Kraftwerk, Alan Parsons, Rockets, Giorgio Moroder e ci è venuto spontaneo pensare ad un risultato adatto al dancefloor dei nostri fans. Che ne pensate se dicessi Cosmic Sound, per ricordare il suono di musica elettronica che passavo al Cosmic nei primi anni Ottanta?
DJ Ralf, ti sei occupato di dare un taglio più dance, per così dire, alla versione originale?
Sì, più adatto all’uso dei dj dei club orientati all’house e alla techno, cercando, tuttavia, di lasciare inalterato lo spirito ed il sapore della stessa. Tra l’altro ho realizzato tre versioni del brano di cui due, più morbide e profonde, con dei riff di tastiera a mio parere molto incisivi, sono presenti nell’album ‘A Perfect Cut in the Vacuum’, uscito in doppio cd per l’etichetta Anitya Records in collaborazione con Acanto e Rebirth, ed una terza contenuta nel singolo in vinile, uscito per Mondo Groove, decisamente più techno. Ho sempre una certa difficoltà nel collocare quello che faccio nei generi codificati ma direi che questo mio remix si possa definire house e techno.
03.10.2019