Foto: Le Scapigliate
Queen Of saba è un nome che si è fatto notare già da qualche tempo nei circuiti più attenti al nuovo, a ciò che è lontano dal solito ed è laterale ma in modo assolutamente conscio e non per scelta della music industry. Dopo due eccellenti album come ‘Fatamorgana’ del 2021 e soprattutto ‘Medusa’ (2023), questo duo transfemminista (e ci spiegheranno loro nel dettaglio il significato preciso di questa definizione e perché è tanto importante) ha pubblicato l’EP di remix ‘CIRCOMEDUSA’ dove spiccano nomi di rilievo come Saturnino e Dj Aladyn accanto ad altri noti come HÅN e Fucksia e a newcomer di assoluto interesse come odieffe, LAQUALUNQUE, veneregg.
Ci siamo fatti un giro sotto il tendone del ‘CIRCOMEDUSA’ facendoci raccontare dettagli e scelte di queste versioni.
‘CIRCOMEDUSA’ è un remix album che nasce da “collaborazioni nate per caso” come recita il comunicato che accompagna la release. Ma cosa significa “per caso”? C’è un fil rouge che accomuna le persone a cui avete affidato i remix?
Siamo debitori al caso per un sacco di cose che ci sono successe, tanto che a un certo punto forse è giusto chiederci cosa significhi “caso”. A volte semini il germe di una pianta che non sai che pianta sia e le condizioni ambientali fanno il resto. A volte il tuo cammino incontra quello di unə artista che non sai che ruolo avrà nella tua discografia futura e poi le le occasioni e il contesto orchestrano una serie di magiche coincidenze. Se le persone coinvolte nel progetto ‘CIRCOMEDUSA’ hanno qualcosa in comune è sicuramente la voglia di rompere gli schemi e di imbarcarsi in avventure di sperimentazione seguendo l’istinto e le affinità elettive.
‘CIRCOMEDUSA’ arriva dopo oltre un anno dalla pubblicazione di ‘Medusa’, la sensazione è che non sia stata un’operazione programmata in modo troppo strategico quanto piuttosto la voglia di far uscire nuove versioni dei vostri pezzi da parte di artist* che vi piacciono e con cui vi sentite in sintonia. È così?
Non potevi fare una sintesi migliore: l’unico modo che abbiamo trovato per non farci soffocare dall’ansia da prestazione capitalistica e dalle pressioni del mercato discografico è fare quello che ci pare quando ci pare con chi ci pare (senza troppe pare).
Mi piace pensare ai nomi presenti in questa raccolta come ai puntini da unire per far emergere il disegno, come una costellazione, o come nella Settimana Enigmistica. Mi piace perché alcuni sono apparentemente molto”distanti” tra loro. Esiste secondo voi un disegno che emerge, una sorta di scena, o comunque di unione tra dj, producer, musicist* in un certo tipo di musica italiana oggi?
Verissimo, ogni artista rappresenta un mondo sonoro e musicale a sé stante e credo che questo sarà subito evidente al primo ascolto. Parte del divertimento è stata proprio immaginare come potessero incontrarsi ad esempio un veterano della musica italiana come Saturnino e una giovanissima producer alla sua prima uscita discografica come Ven, o un trio transfem con la cassa sempre dritta e le idee sempre radicali come le Fucksia e unə performer che incorpora musica elettronica, arte drag e attivismo come LaQualunque. Ci auguriamo che queste connessioni ispirino nuove collaborazioni, aprano nuove prospettive, chissà, magari aiutino a sfumare i contorni e i confini tra i generi e i posizionamenti, tra mainstream e underground. Siamo in un periodo storico in cui la proposta culturale che ci si prende la responsabilità di creare può avere un’energia aggregativa e un impatto politico di fondamentale gravità: noi speriamo di costruire spazi di resistenza veramente intersezionali anche a partire dalle nostre creazioni musicali.
Vi definite “duo transfemminista”. Che cosa significa?
Ci definiamo transfemministe, non binarie, intersezionali: le nostre bandiere politiche sono manifeste in tutto quello che facciamo. Cerchiamo con tutte le forze di mettere intenzione e consapevolezza in ogni scelta, dai luoghi in cui suoniamo alle parole che pronunciamo sul palco. E nella nostra vita di tutti i giorni, da quello che mangiamo alle persone che frequentiamo. Cerchiamo anche di non essere performative nel nostro attivismo, di prenderci la responsabilità dei nostri privilegi e di metterci in discussione senza paura. Quando diciamo che siamo tutte queste cose non ci auto-proclamiamo paladine o portavoce di un movimento, ma ci offriamo come megafono per le cause che ci stanno a cuore e che crediamo fermamente siano questioni pratiche, reali, con cui sporcarsi le mani se non si vuole semplicemente soccombere a un sistema che non è stato creato per noi. Ci interroghiamo quotidianamente su cosa significhi fare la nostra parte e sulle strategie di sopravvivenza da mettere in atto per resistere all’oppressione senza rinunciare all’empatia e alla vulnerabilità. Forse è per questo che il nostro mezzo di espressione preferito è la musica: ci mantiene in contatto diretto, stretto e viscerale con le nostre emozioni, che sono la cosa più importante che abbiamo perché sono quelle che ci permettono di entrare in connessione intima e vitale con gli altri esseri umani.
19.02.2025