• DOMENICA 08 SETTEMBRE 2024
Costume e Società

Stop ai telefoni nei club, il vento sta cambiando

Da Afterlife ai Meduza, sempre più artisti scelgono di non consentire i video fatti dal pubblico alle loro serate. Ma è giusto?

All’inizio era il Berghain. Una delle ragioni per cui l’iconico club di Berlino è diventato una leggenda, è proprio quella di non poter vedere che succede tra le sue mura, a meno che non ci si vada di persona. La selezione del Berghain è così severa anche perché chi entra deve in qualche modo far capire di averne compreso e condiviso la filosofia. E per anni la politica “no phone” del club tedesco è rimasta un unicum nel panorama mondiale, mentre qui fuori i telefoni cellulari si trasformavano in smartphone e a loro volta stavano trasformando tutti noi in inguaribili malati di video, che non sanno resistere e devono stare con le mani alzate e la camera accesa in ogni momento più o meno importante della vita. Matrimoni, lauree, concerti, pranzi, cene, momenti in famiglia.

Ci pensate mai? Una decina di anni fa chi “usciva” il telefono in certe situazioni veniva guardato male, era un gesto di totale maleducazione, e se per strada qualcuno si fermava per fare la foto o il video mentre ci toccava attraversarne la traiettoria, mai avremmo pensato di fermarci per aspettare la conclusione della ripresa. Nel giro di pochi anni invece il bon ton ci dice il contrario: se una persona sta fotografando o filmando, mica possiamo interromperla. Solo che nei club e ai concerti le cose sono sfuggite di mano da un po’. Sono abbastanza eloquenti le varie immagini che mostrano folle oceaniche che invece di divertirsi e ballare restano impalate con i telefoni al cielo per filmare l’intro del dj, il drop o la chiusura di una serata. Il famoso video meme del DC-10 nel 2010 e nel 2024 dice tutto. E a lungo andare, la situazione ha logorato molti artisti. Tanto che il vento sta cambiando e ora in parecchi stanno decidendo di proibire l’utilizzo degli smartphone per foto e video alle proprie serate.

Cosmo, nel tour di quest’anno, ha esplicitamente detto che vivere il concerto senza stare a riprenderlo permette un’esperienza più intensa e “concentrata”, e all’ingresso venivano apposti degli adesivi sugli obiettivi, proprio in stile Berghain. Naturalmente si era liberi di levarli e filmare ma quasi nessuno ha voluto farlo, segno di come l’artista sia riuscito a trasmettere la propria idea al suo pubblico e a farsi seguire e rispettare in questa visione. Sorpresa? Il concerto è stato molto intenso, condiviso (in senso umano, non social), è stato come uscire da una bolla nella quale non ci eravamo resi conto di esserci infilati. Liberatorio. Una presa di coscienza.

Un altro esempio illustre sono i Meduza che insieme a James Hype, nelle loro serate Our House hanno imposto la regola del no phone. “Our house, our rules, no phones, and no filming” recitava un loro comunicato qualche mese fa. Molti fan hanno contestato questa scelta, forse perchè per artisti come Meduza e Hype, che avendo un output molto più trasversale, pop, anche di hype – perdonate il gioco di parole – vivono, un pubblico “invisibile” toglie parte della narrazione stessa. Una decisione coraggiosa, quindi.

Ma a fare davvero notizia è la scelta dei Tale Of Us di proibire i telefoni ai loro show Afterlife all’Hï Ibiza di quest’estate. Perché è una scelta ancora più coraggiosa, poiché una percentuale non indifferente del successo di Afterlife è proprio negli incredibili visual che accompagnano le loro performance nelle ultime stagioni. Per cui pensare che proprio loro non vogliano più permettere di filmare i loro show ha destato scompiglio e clamore. Certo, ci sarà sicuramente una strategia alla base di questa decisione: probabilmente Afterlife si dividerà tra un format più club oriented che li vedrà dirigersi verso un ritorno al sound e alla mentalità delle origini, “dura e pura” e priva di una controparte visiva così suggestiva ma anche ingombrante (ma chissà, magari mi sbaglio) e gli show live, quelli da stadio o da palasport, dove il duo e le loro versioni solo (Mrak e Anyma) sono accompagnate dai video che tutti abbiamo imparato a conoscere e che sono affascinanti e irresistibili.

 

 
 
 
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Tuttavia, per diverse che siano le venue, gli artisti, le proposte, gli show e i format, il trend del 2024 è lo stesso: la no phone policy è maledettamente cool, è uno status, ma è anche un’esigenza che sempre più artisti, direttori e anche clubber sentono forte. Con buona ragione: siamo stressati e non lo sappiamo; abbiamo cambiato abitudini e siamo scivolati in una spirale di stupidità; siamo stufi di sentirci vittime della FOMO che, per voglia, riflesso condizionato o condizionamento ambientale di chi ci sta intorno, ci fa estrarre il telefono dalla tasca per immortalare quel preciso momento. E se spesso questa proibizione ci ha fatto storcere il naso, sulle prime, poi ci siamo sentiti sollevati, liberati, quando abbiamo vissuto l’esprienza di poterci riappropriare del tempo e dell’intensità di un evento vissuto senza distrazioni e senza la mediazione di viverlo, paradossalmente, dentro al nostro schermo.

Però, qualcuno (molti) obietta che non si può proibire l’utilizzo del telefono. È una violazione della nostra libertà personale e non porta a nulla, perché di base serve un’educazione sociale e social se vogliamo che le persone imparino ad essere discrete e non scimmie con il telefono in mano. Vero. Ma forse, in questo momento storico di frenesia e cafonaggine diffusa, l’unico modo per farci aprire gli occhi e cambiare idea, o perlomeno di maturare scelte più sensate e consapevoli, è quello di affrontare a muso duro la cosa, mettendoci di fronte a un aut aut che non ci lascia possibilità di venire meno all’esperienza di vivere davvero un momento senza farci imbambolare dai telefoni. Poi, con il tempo, impareremo a usare i telefoni poco, il giusto, senza eccessi né misure drastiche come la proibizione.

Sarà un nuovo inizio? Sarà un cambio di paradigma significativo? Sarà una moda passeggera? Chi lo sa. Io, da 40enne che i club li vive e frequenta da oltre 20, da amante dei social e da filmatore seriale, sono molto entusiasta di lasciare il telefono in tasca a e di sbattermene un po’. Al concerto di Cosmo, come al Berghain e come in altri contesti in cui non mi era permesso di usare lo smartphone, mi sono divertito e non solo: ho goduto come non godevo da anni, ero immerso, ero parte di qualcosa. E ho constatato che è molto più complicato farlo quando siamo distratti. Fidatevi, non aspettate di essere obbligati per uscire dalla schiavitù del video. Vivete le serate liberi e ne sarete molto felici. 

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Albi Scotti
Albi Scotti
Giornalista di DJ Mag Italia e responsabile dei contenuti web della rivista. DJ. Speaker e autore radiofonico.