• SABATO 23 NOVEMBRE 2024
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Tech my Track: ‘Don’t Stop’ di MOGUAI

Tutto nasce da un sample di ‘Quiet Dog Bite Hard’ di Mos Def ricreato in laboratorio. E la fan base del dj e produttore teutonico va in estasi

André Tegeler, per tutti MOGUAI, torna alle sue origini hip-hop attraverso il suo nuovo singolo, ‘Don’t Stop’. Il dj tedesco è in vena e dopo ‘Faith’, il pezzo con Luciana, rende omaggio alla propria gioventù e il suo trascorso da skateboarder arruolando la cantante e rapper Moe Mitchell. Ha sempre miscelato abilmente la musica elettronica a rock e rap, MOGUAI. ‘Don’t Stop’ è la dimostrazione che le (sue) contaminazioni non finiscono mai. Il singolo, su Spinnin’, è supportato da Tiësto, Diplo, Annie Mac, Pete Tong e tantissimi altri.

Groove di percussioni che passano da una electro old skool a una progressive house potente e spregiudicata, quasi avanguardista, si fondono con eleganza a un sample di ‘Quiet Dog Bite Hard’ di Mos Def ricreato in laboratorio e non tradiscono tuttavia buona parte della fan base del dj e produttore teutonico. La parte vocale fa poi il resto e il suo ingresso gradualmente, filtratissima e contestualizzata alla perfezione sino a essere spinta nel breakdown. Il gioco di chopped vocal prosegue in tutta la stesura.

 

Non è tech-house né hip-hop e tanto meno indie prog, questa. Cos’è, allora?
È musica, la mia, il mio stile, il mio approccio che adottai per la mia prima uscita per ‘Punx’ nel 2001. L’hip-hop è diventato così popolare negli ultimi anni che ho pensato di riprenderlo in considerazione. Dopo l’idea, è stato Loco Dice a consigliarmi di contattare Moe Mitchell, che ha uno stile vicinissimo a Mos Def. Dopo una decina di reinterpretazioni diverse, ce l’ho fatta, ho ottenuto quello che volevo.

Hai avuto problemi durante il processo di produzione?
Si, molti. Tutto mi è sembrato filasse dritto, all’inizio, ma avevo in mente una traccia simile ai suoni di Format:B; così, mi sono soffermato a lungo sul mood del pezzo, perché tecnicamente non veniva fuori precisamente come lo avevo in testa io. Una versione finale l’ho inviata a Don Diablo e ha detto che gli ricordava le vecchie uscite di un progetto degli anni ’90 che si chiamava Cosmo e che aveva questo tipo di suono. Era venuto fuori qualcosa di molto old skool ma paradossalmente innovativo.

Pensi che un remix aggiungerebbe valore alla release?
Dipende da chi potrebbe fare il remix e da quanto sarebbe potente. Ho già realizzato così tante versioni che è difficile immaginare un remix. Penso che Sonny Fodera o Format:B potrebbero comprendere un simile progetto e fare un buon lavoro.


Quale hardware o software è stato fondamentale nella produzione?

Ho usato Ableton. A volte uso Logic ma questa volta no, ho usato Ableton. Live mi ha risolto la maggior parte dei problemi. Penso che alcuni plug-in nativi di Live siano davvero efficaci e che se uno approfondisce le loro potenzialità, potrebbe fare cose impensabili.

Lavori costantemente per ottimizzare il tuo sono. Come fai?
A volte nella produzione ti perdi in cose inutili e in mille domande. Invece, di istinto, mi piace lasciare un elemento particolare nella release finale, non voglio che un brano perda la sua essenza originale. Faccio sempre un mixdown, dopo che la traccia è terminata e quasi mixata, per notare l’impatto su me stesso e su chi mi circonda. Per il mastering, conosco tanti che se lo fanno da soli. Io invece lascio sempre che qualcuno esternamente segua questa lavorazione. Cambio professionista in base al suono delle tracce.

Tecnicamente, come valuti ‘Don’t Stop’?
Sono davvero contento del risultato e lo sento perfetto. Ma non voglio dire che sia perfetto nei termini di quella che io considero una produzione dal suono assoluto. A volte poi provo le mie produzioni in pista e quando noto che la gente balla, comprendo di essere arrivato a una qualità decisamente in linea con quello che serve per far muovere le chiappe alle persone.

 

 

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Riccardo Sada
Riccardo Sada
Distratto o forse ammaliato dalla sua primogenita, attratto da tutto ciò che è trance e nu disco, electro e progressive house, lo trovate spesso in qualche studio di registrazione, a volte in qualche rave, raramente nei localoni o a qualche party sulle spiagge di Tel Aviv.