• LUNEDì 31 MARZO 2025
Clubbing

Una luce che non se ne andrà MAI

Jamie xx ha illuminato il Big Theatre di Milano con il suo live, e ci ha fatto sinceramente commuovere ricordando Sergio Ricciardone

Foto: Albi Scotti x DJ MAG Italia

Quanto cazzo sei British, Jamie. Iniziare un articolo su un live di Jamie xx – oltretutto prodotto da C2C – citando la Dark Polo Gang, è disturbante, lo so. Paradossalmente, è una cosa in pieno spirito C2C. Ma battute a parte, la frase ha un senso profondo e sincero. Perché il live di Jamie xx è stato davvero molto, molto British. Ravey, disco, anthemico: proprio un vademecum di cosa significa fare musica elettronica con un pedegree e un’attitudine molto precise.

Jamie xx arriva, attesissimo, a Milano, in una data sold out da mesi, e decisamente anomala: prodotta da C2C, che a Milano miete sempre grandi successi, talvolta suscitando qualche invidia dai promoter locali che non vedono benissimo il fatto di essere superati sulla destra da un player torinese che già è noto per sbancare ogni anno con un festival coraggioso e mai scontato (fun fact: avete notato che Milano ha innumerevoli grandi club ma non riesce ad avere un festival, e Torino ha i più importanti festival di musica da ballare italiani ma fatica sul lato club?); in una location anomala come il Big Theatre di MIND (area che fu Expo 2015).

 

I presupposti richiedono qualche spiegone. Big Theatre è una struttura davvero nuova e perfetta per i concerti; a dirla tutta, è il locale di media grandezza che mancava a Milano: un parallelepipedo nero, senza ingombri architettonici in mezzo, più grande di un Alcatraz o di un Fabrique ma più piccolo e decisamente più nuovo del Forum, pochi fronzoli di aree VIP etc. (solo una balconata fronte palco) e un suono buono (perlomeno dalla nostra posizione di ieri sera, a 3/4 di sala e al centro). Potrebbe essere un gioiellino, e invece quello di ieri sera era il primo concerto al Teatro (e non è un caso che a organizzarlo sia stato un promoter “forestiero”). In effetti, al di là del locale in sé, la zona non è amatissima, e con discrete ragioni: da Milano è praticamente fuori città, nonostante ci arrivi la metropolitana che però ha un’uscita ben lontana dall’ingresso del Big Theatre. In auto arrivarci è faticoso, la segnaletica non è ottimale e la coda si forma presto. Soprattutto, i milanesi non adorano l’are ex-Expo, un ecomostro rimasto lì, nel niente, un deserto cementificato dove di giorno hanno sede una manciata di agenzie e start up (che parola fuori moda, eh?) e qualche bar o catena di pizzerie per dare da mangiare a chi lavora in zona, e di sera è uno sterminato campo di tubi e asfalto dove è difficile orientarsi e molto desolante passare. Expo è il ricordo sbiadito e disilluso dell’era dell’ottimismo renziana e farinettiana, per dirla in modo schietto e un poco cinico. Dunque la serata partiva benissimo, per l’hype sull’artista; molto meno bene, per l’aspetto logistico.

Inquadrato il contesto, parliamo dello spettacolo. Jamie xx attacca puntualissimo alle 21, le luci ci mettono qualche minuto a tararsi sull’ideale punto di buio per la sala ma quando vanno a regime è subito grande show. Il producer londinese parte con breaks che sono una carta d’identità: se volevamo la summa del suono made in UK dai primi anni ’90 ad oggi, eccoci accontentati. La scaletta prevede brani suoi e di altri, un dj set aumentato che diventa live set, e tutto fila alla grande. Per la prima mezz’ora si procede così, tra hit dell’ultimo album ‘In Waves’ (i classiconi arriveranno più avanti, ovviamente) e chicche shazamabili ma rare. Il tutto mentre siamo avvolti nel nero della sala, illuminata solo dalle luci, un light design di grande impatto per posizionamento e giochi, davvero un lavoro di grande valore che sottende perfettamente il set. Pare proprio di stare al Lingotto in una sera di inizio novembre. Dopo la prima mezz’ora arriva la cassa in quattro, e non si torna indietro. Citando il messaggio di un amico questa mattina: “dopo ha messo il turbo”. Il pubblico, bello caldo e molto preparato, esplode. Arrivano i grandi successi di Jamie ed è un momento molto elettrizzante, centrale, un peak time fantastico in cui l’artista si diverte a guidarci in cambi repentini di BPM ma anche in mix assolutamente imprevedibili, stupefacenti, incastrando i sample pescati per i suoi brani ai brani originali e poi ancora ai pezzi suoi, raddoppiando e rallentando le velocità anche con giochi ritmici molto tecnici, ma senza mai sembrare un tecnicista che ci vuol far vedere quanto è bravo e basta. Il divertimento è sempre protagonista.

 

Il buio della sala dopo la prima fase del concerto si apre quando un ledwall si svela e illumina la sala, prendendoci in contropiede. Wow. Finora avevamo solo scherzato. Ed è significativo come lo schermo, che proietta di fatto noi del pubblico per tutto il tempo, diventi una risorsa, un valore aggiunto, pur con un visual che è appunto, di base molto povero e monotono. Semplicemente, è un visual minimale perfetto per il contesto e che grazie a una regia che fa bene il suo lavoro, diventa corredo alla narrazione musicale, accentuando l’effetto “siamo qui, noi, ora” molto rave e molto comunitario. Una bella empatia.

Arriviamo alla parte finale del live e si snocciolano, dosate però con furba parsimonia, le hit più amate: su ‘Life’ si balla e si canta, su ‘Loud Places’ è pelle d’oca. Anche se la vera pelle d’oca, la commozione, grande, ce l’abbiamo tutti a fine concerto. Scende più di una lacrima quando a chiusura di show Jamie fa proiettare sullo schermo la già iconica foto di profilo, in controluce, di Sergio Ricciardone, fondatore e anima di C2C che, lo sappiamo, è scomparso pochi giorni fa. Un semplice “Sergio Ricciardone 1971-2025” e poi ‘Mondi Lontanissimi’ di Franco Battiato ed è una stretta al cuore. La luce al buio. Una luce che – ne siamo certi tutti, tutti lì presenti, lo leggo negli occhi di amici che i Club TO Club li hanno frequentati dall’inizio come di ragazzi delle nuove generazioni innamorati di questo luogo dell’anima – non se ne andrà. MAI. “There is a light that never goes out”, appunto, come cantano gli Smiths nell’ultimo brano suonato, un’altra delle canzoni simbolo di Sergio. La luce non se ne andrà mai, sullo schermo leggiamo “Grazie Sergio” e io esco di lì con il magone, con la certezza che a questo mondo, in questa vita, stiamo facendo cultura, abbiamo cambiato il mondo, e soprattutto grazie a persone come Sergio Ricciardone che nelle rivoluzioni ci ha sempre creduto. 

La luce non se andrà MAI, se la teniamo accesa.

 

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