• VENERDì 27 DICEMBRE 2024
Interviste

Whitemary è tutta nuova, è… ‘New Bianchini’

Abbiamo intervistato una delle più interessanti artiste italiane in occasione dell'uscita del suo nuovo album

Foto: Fabrizio Narcisi

Se c’è un’artista in Italia, oggi, in grado di coniugare elettronica e pop, sperimentazione e canzone, novità e canone, questa è Whitemary. Non lo fa da oggi, e l’ha sempre fatto bene. Però ogni suo ritorno aggiunge qualcosa a un puzzle che compone il ritratto di una figura unica: cantante, producer, musicista, dj, non parliamo della classica “tuttofare” che fa tutto così così, ma di un’artista che si vanta una formazione accademica, un trascorso jazz di cui fa spesso menzione, e poi un percorso che l’ha portata con originalità, coerenza, e stile, ad essere quel personaggio inimitabile che è Whitemary oggi. Coerente ma, appunto, sempre nuova. Come il suo nuovo album, ‘New Bianchini’, da poco uscito per 42 Records (una delle più illuminate realtà italiane).  

Album che prelude al tour: da gennaio Whitemary sarà live nei club di tutta Italia, un passo importante che la vedrà protagonista in diverse date, ecco qui il calendario completo:

17 gennaio – Bologna – Locomotiv Club

23 gennaio – Milano – Magazzini Generali

24 gennaio – Torino – Hiroshima Mon Amour

25 gennaio – Perugia – Urban

6 e 7 febbraio – Roma – Monk , aftershow: Marie Davidson(dj set)

21 febbraio – Pozzuoli (NA) – Duel Club

22 febbraio – Molfetta (BA) – Eremo Club

Dopo il box con l’ascolto del disco, potete leggere l’intervista.

 

 

‘New Bianchini’ arriva due anni dopo ‘Radio Whitemary’: ai tempi uscivamo dal periodo Covid, oggi siamo in piena bulimia da dischi e da live. In che contesto personale è nato il tuo nuovo lavoro?
Ho cominciato a rimettere in moto la scrittura tra le docenze e i primi live d’estate 2022. Cominciavo ad annoiarmi di alcuni miei pattern musicali che iniziavo a riconoscere come ripetitivi, su cui mi stavo adagiando. Mi sono forzata ad abbandonare dei dischi che ormai sentivo a ripetizione da anni e a cercare altro a cui affezionarmi tanto. Più in generale, per la prima volta mi sono presa più tempo per ogni singolo pezzo, senza avere la fretta di chiudere un brano e bollarlo come definitivo. Ho rimaneggiato gli arrangiamenti tante volte e cercato sonorità differenti, anche se la parte testuale è arrivata sempre molto definitiva. Verso metà del disco ho riportato lo studio in casa. Non avere un ambiente separato tra casa e lavoro mi ha obbligato a unire e mescolare le due parti. Questo mi ha spinto molto a scrivere pezzi tanto introspettivi come ‘Un’esercitazione’, ‘Mi disp’ o ‘Abisso’, ma sento di non essermela goduta appieno. In quei mesi non sono mai riuscita a staccarmi mentalmente da quel lavoro.

In ‘New Bianchini’ ho trovato una bella coerenza rispetto al tuo percorso e ai dischi precedenti, però anche la voglia di spingerti sempre più oltre il pop elettronico verso strutture e in generale, un’idea più “estrema” della tua musica. Mi sbaglio?
Sto cercando una forma che abbracci in modo perfetto il mio modo di sentire le cose e di capire anche come le sentono gli altri. Sono molto analitica quando assorbo nuovi input musicali, ma poi quando scrivo cerco di tirare fuori tutto quello che ho immagazzinato senza usare il cervello. Quindi forme e strutture perdono importanza, anzi, diventano un recinto in cui ingabbiare un flusso. Spesso ho la sensazione di muovermi a caso in quello che faccio però poi piano piano viene fuori un filo logico che non sapevo di averci messo.

In un’epoca in cui chiunque collabora con chiunque e i featuring sono una leva promozionale per attaccarsi a carri e traini di vario genere, nel tuo album spiccano solo due nomi con cui hai collaborato: Emanuele Triglia e Davide Savarese. E Suri al mix e master, se vogliamo essere pignoli. Ci racconti questa scelta?
Come avrai notato non sono avvezza ai featuring eheheh. Quello per me è un momento di condivisione estrema e non riesco a farlo se non nasce in modo spontaneo o con persone con cui si instaura un legame affettivo e musicale. Aggiungiamoci anche che, per quanto la mia bio reciti “piccola sì ma fa male”, sono tanto timida all’inizio e questo mi frena molto nel buttarmi a chiedere collaborazioni. Emanuele e Davide sono un’isola sicura, ci conosciamo da 10 anni e sono entrati nei due pezzi in modo super elegante. Hanno aggiunto esattamente quello che serviva senza neanche spiegarci tanto a parole.

 

‘New Bianchini’ è un titolo curioso, ovviamente non possiamo che chiederti di spiegarci qualcosa di più.
Il primo è stato ‘Radio Whitemary’, un condensato di musica che mi piace rielaborata nei miei pezzi. E lì ero assolutamente Whitemary. Questo è un disco molto intimo, e “Bianchini” è il modo in cui mi chiamano gli amici. Mi piaceva l’idea di far entrare ancora di più gli ascoltatori nella mia sfera personale. Avevo nominato di fretta la cartella che raccoglieva i nuovi brani proprio ‘New Bianchini’ e con Emiliano 42) ci è sembrata la presentazione più spontanea e logica.

L’elettronica, il jazz nei tuoi studi, il cantautorato pop contemporaneo, i dj set: onestamente, chi sei? O meglio, dove pensi di poterti collocare – ammesso che abbia senso farlo – nell’affollata mappa della musica italiana di oggi?
La musica italiana è ipercollocata, su generi e definizioni. Ci teniamo sempre a sottolineare che cosa ci ricorda, di già conosciuto, un brano o un artista. Viene istintivo farlo e lo capisco, è una safe zone naturale. Dal canto mio preferisco chi si concentra sui dettagli più personali, o chi non si lascia distrarre da associazioni automatiche e scavalla quel gradino. Non lo so dove mi colloco e non credo di volermi collocare. Non nel mezzo, a fare di tutto un po’, ma agli estremi di tutto quello che mi piace.

Sei parte del collettivo Poche, una realtà che si sbatte in maniera concreta per dare megafono, visibilità e peso a tante brave artiste in un panorama ancora fortemente maschio-centrico. Ci vuoi dire qualcosa in proposito?
Credo che con Poche la cosa più importante che stiamo facendo al momento è insistere nell’essere presenti in modo concreto. L’obiettivo è che delle ragazzine più giovani possano vedere che ci sono delle donne che fanno questo lavoro: nell’elettronica, negli studi di registrazione, al banco mixer, alla produzione, dietro una consolle. E che può essere anche una loro ambizione, che possono sentirsi a loro agio ad avere un’aspirazione e passione di questo tipo. Sottolineo spesso però che le donne nell’elettronica ci sono sempre state. Suzanne Ciani e Wendy Carlos prima di tutte, al fianco dei più grandi inventori di sintetizzatori come Robert Moog e Don Buchla). Mi chiedo poi cosa sia successo alla narrazione delle loro storie, e qui l’interrogativo è enorme.

Neanche il tempo di festeggiare l’uscita di ‘New Bianchini’ che hai prodotto e cantato la cover di ‘Ti Vendi Bene’ di Vasco Brondi/Le Luci Della Centrale Elettrica, in occasione del decennale di ‘Costellazioni’. Una bellissima idea quella di Vasco di affidare i suoi brani alle visioni particolari di artisti peculiari; ci vuoi raccontare come hai immaginato il pezzo e come sei arrivata al risultato che ascoltiamo?
Ho cercato di trovare un punto di incontro con un genere per me lontanissimo. Sono andata a cercare mille interviste di Vasco in cui parlava del pezzo e alla fine mi è rimasta in mente questa frase in cui diceva che “era un pezzo da ballare a fine festa”. Ma il suo modo di cantare mi faceva pensare anche al punk, urlato così d’urgenza. Lampadina: electroclash, Miss Kittin e The Hacker! Da grande fan mi sono divertita tanto a trasportarla in quel mondo li, che mi sembrava ci abbracciasse entrambi.

 

 

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Albi Scotti
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